di Salvo Barbagallo
Al fatidico giorno dell’insediamento ufficiale alla Casa Bianca Donald Trump c’è arrivato, anche se molti hanno messo in dubbio che ciò potesse avverarsi.Oggi, dunque, è il “Trump Day”, un giorno che (volente o nolente) potrà determinare una svolta non soltanto negli Stati Uniti ma nel resto del mondo. A noi, di questi tempi, appaiono come un pianeta alieno gli USA, “alieno” in quanto poco decifrabile. Il perché con qualche battuta con finale interrogativo: come può una gran parte degli americani contestare un Presidente democraticamente eletto? E ci riferiamo a quegli americani che pretendono di esportare la “democrazia” in Paesi con altre e lontane culture, imponendola spesso con l’utilizzo delle armi. E ci riferiamo a quegli americani che hanno condiviso le (discutibili) azioni portate avanti per otto anni dal predecessore di Trump, Barack Obama.
L’ex Presidente degli USA, lasciando l’ambita poltrona dello “studio ovale”, si è lasciato sfuggire qualche lacrima. C’è chi le ha definite “lacrime di coccodrillo”. Meglio specifica Gianpaolo Rossi in un articolo apparso sul suo blog e ripreso dal quotidiano Il Giornale, dal significativo titolo MA QUANTE BELLE BOMBE: 26.172: sono le bombe che Barack Obama ha lanciato nel 2016 in sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan. È quanto emerge dall’analisi annuale del Council on Foreign Relations. Di queste oltre il 90% (24.287) sono state lanciate su Siria e Iraq nell’ambito della Operation Inherent Resolve (OIR), la campagna contro lo Stato Islamico. Gli Stati Uniti hanno prodotto il 79% dei bombardamenti complessivi che la coalizione ha effettuato. La stima, come sottolinea Micah Zenko analista e curatore della ricerca, è da ritenersi al ribasso perché ogni “strike” può comportare più bombe; ed inoltre perché i numeri sugli interventi aerei in Siria e Iraq non sono certi. Rispetto al 2015, l’America di Obama ha sganciato oltre 3.000 bombe in più e bombardato un paese, la Libia, che non era stato tra gli obiettivi (…).A tutto questo dobbiamo aggiungere che Obama nei suoi sette anni, è stato il Presidente Usa che ha autorizzato il maggior numero di vendite d’armi in Medio Oriente nella storia americana (lo abbiamo spiegato in questo articolo con numeri e cifre). Niente male per un Nobel per la Pace (…).
Oggi, venerdì 20 gennaio 2017 Anno Domini, inizierà la presidenza Trump: alle 18, ora italiana, il vincitore delle elezioni di novembre giurerà e si insedierà ufficialmente alla Casa Bianca come 45° Presidente degli USA. Trump giurerà sul Fronte Ovest del Campidoglio, dopo il suo vice Mike Pence, nelle mani del presidente della Corte Suprema John Roberts Junior. Prima, provvederà a consegnare una corona d’alloro al cimitero degli eroi di Arlington che custodisce le vittime di tutte le guerre, con i suoi 400 mila ceppi di marmo bianco tutti uguali. Il giorno dopo cerimonia religiosa nella cattedrale di Washington. In mezzo il concerto di benvenuto al Lincoln Memorial.
Donald Trump segue il “fallimento” degli USA non solo in politica estera: secondo un recente sondaggio Gallup, la presidenza Obama ha peggiorato la condizione dei neri, la questione razziale e il divario tra ricchi e poveri: i punti forti della sua visione del mondo. Molte delle iniziative promesse da Trump portano all’eliminazione dei programmi voluti da Obama. E a proposito di “eliminazioni” di programmi/Obama, c’è da chiedersi (o soltanto sperare, per il momento) se il 45° Presidente USA avrà intenzione di “ridimensionare” la presenza militare statunitense in Europa, essendosi già espresso negativamente nei confronti dell’apparato della NATO. E c’è da chiedersi (o soltanto sperare, per il momento) se richiamerà in patria l’agguerrito personale di Sigonella (seguito da tutto il temibile armamentario altamente tecnologico e bellico) e bloccare e rispedire altrove l’altrettanto terrificante impianto satellitare MUOS di Niscemi. Eccetera.
Per il momento, parlando di “svolta” concreta, c’è solo da sperare…